Nightguide intervista Nularse

Nightguide intervista Nularse

Il nuovo album di Nularse “Sospesi ” è il fermo immagine di un oggetto lanciato in aria all'apice della traiettoria. Un limbo in cui la nostalgia gioca con il futuro, in uno stato d'animo che ricorda quei dolci attimi passati sotto alle coperte prima del risveglio.
La necessità di fare un disco che parlasse di attese ha cominciato a prendere forma durante un lungo periodo passato all'estero, nel quale Nularse si sentiva sospeso tra fascino e timori di un luogo a cui sapeva di non appartenere. La lontananza da casa ha fatto crescere l'esigenza di raccontare quelle sensazioni in italiano, discostandosi dai lavori precedenti, per dare un contorno piu chiaro a pensieri ed emozioni.
Ascoltava AIR, Apparat, James Blake, Andy Shauf ma, al giungere della nostalgia, in cuffia giravano Giorgio Poi, Dalla, Bertè, I Cani, Tiromancino. Desiderava creare un proprio sound, unire la forza dell'elettronica e l'umanità degli strumenti acustici al cantautorato italiano, per far emergere la propria essenza artistica. Così ha preso forma “Sospesi”: un racconto di forze contrastanti, di ciò che si è stati e di ciò che si diverrà, una tela fatta di luci e ombre che parla di una tregua dal mondo.
Il disco vede anche la collaborazione di uno dei piu importanti musicisti italiani, Saturnino Celani, storico bassista di Jovanotti, che col suo tocco inconfondibile ha voluto partecipare al brano “È tutto qui ”.

Salve Alessandro, ho ascoltato con piacere i brani che compongono il tuo album uscito proprio in questi giorni. Prima, per favore, parlaci un po' di te e del tuo percorso. Chi è questo Nularse e come nasce questo progetto?
Ho deciso di dare vita al progetto solista Nularse quando mi sono reso conto che volevo una cosa tutta mia, dove dare vita alle mie idee musicali e curarne fin dal principio la nascita e lo sviluppo. Ogni canzone così è come se crescesse in me e poi se ne andasse via sulle proprie gambe. È un progetto che guarda alla musica elettroacustica di stampo internazionale rimanendo aggrappato alle radici del cantautorato pop italiano.
Suono da parecchi anni la chitarra, ma da sempre ho avuto l'attitudine compositiva più che da strumentista, anche quando suonavo in band. Dove tanti chitarristi eseguivano assoli a 200 bpm, io preferivo curare l'aspetto dei suoni e dell'arrangiamento di una canzone. Sono convinto che questa attitudine si sia riversata in quello che faccio ora. Mi piace proprio guardare l'aspetto tecnico e di veste di un brano, dalla quale non prescindo mai per i miei lavori.

Leggendo qualcosa su di te, esce fuori che quest'album nasce dall'esigenza di esprimere determinate sensazioni contrastanti che hanno preso forma durante un tuo periodo all'estero. Ti va di raccontarci quel periodo? Dove ti trovavi? È stato per motivi legati alla musica?
Ho voluto vedere cosa voleva dire vivere all'estero. Londra non è una scelta così originale, ma la sentivo come una meta obbligata, in quanto crocevia di infinite culture e rappresentazione del mondo esterno che sta attorno alla mia piccola città di provincia da cui vengo. Quindi ci sono andato per motivi musicali, perché volevo vedere se effettivamente è tutto oro quel che luccica, e per motivi di vita generale, per imparare cose nuove. Un anno non è un periodo di tempo così lungo, però è stato sufficiente per farmi vedere le cose da un punto di vista diverso. Sono felice di averlo fatto, ma è stato tuttavia un periodo particolare, vivevo tra la voglia di scoprire cose nuove e il sapere che non era il mio luogo, che non ci sarei rimasto per sempre. Da lì è nata l'idea di scrivere un disco che parlasse di quel limbo in cui mi trovavo.

 Ascoltando il tuo album e leggendo i testi, ho avuto l'impressione di leggerci un tuo percorso di vita alla scoperta di te stesso e di quelle che forse sono le tue radici interiori, la tua identità. Mi sono sbagliato? A che punto è questo percorso?
È tutto in divenire, per fortuna! Io vivo la musica da un punto di vista fortemente emotivo, quindi è naturale che alla fine ci metta un po' di me dentro alle canzoni. E in fin dei conti credo che chi fa musica metta le proprie cose dentro a questo contenitore fatto d'aria, e chi l'ascolta ne prende un po' e le fa diventare sue. È tutta questione di scambio. La cosa più importante per me è scoprire me stesso attraverso la musica, ma forse spero di non riuscirci mai per poter andare avanti sempre.

Il filo conduttore di questi brani è uno stato di sospensione e di indecisione, una specie di dicotomia tra il fascino dell'ignoto futuro e il caldo abbraccio del passato conosciuto. Che rapporto hai con il presente? L'unico vero tempo che non possiamo definire in nessun modo.
Non ricordo chi l'ha detto, ma siamo tutti “abitanti del frattempo”. Sta a noi decidere se questa cosa ci va bene o meno. Io ho un rapporto abbastanza buono con il presente, in generale. Provo a gustarmi quello che ho, senza pensare troppo a cose del passato o aspettative future. Credo che nel bene o nel male il trucco sia quello di vivere le cose come vengono, non affezionarsi troppo ad un'idea, non essere ottuso e cercare di vedere il buono anche nelle cose che non vanno bene. Qualche volta ci riesco. Questo disco non vuole avere una accezione negativa o positiva, voleva parlare di un presente di sospensione e basta. Che ne so, anche l'estate dopo la maturità può essere descritto in questo disco. Nel brano “Al sicuro”, ad esempio, parlo proprio di come è bello a volte procrastinare la vita.

Se un genio della lampada ti desse la possibilità di esprimere un desiderio che ti consenta di cambiare il tuo passato o di conoscere il tuo futuro, quale delle due opzioni sceglieresti e perchè?
La vita è una lunga strada piena di cose belle e di cose brutte, e non sai da cosa possa nascere un'altra, se dalle cose negative a volte ne venga una buona. Quindi va bene così, non cambierei nulla. Credo che l'unica cosa che posso provare a fare sia andare avanti e fare, fare, fare.

Gli argomenti che tratti trovano una sublimazione incantevole nel genere che hai scelto di interpretare. Sei riuscito a reinventare in un modo molto personale quella sperimentazione che personalmente a me piaceva di un certo Battiato. Ti ci rivedi in questo accostamento? Che ne pensi?
Sai che non sei il solo a dirlo! A me Battiato piace, ma non sono un suo grande fan. Quindi quello che è successo secondo me, probabilmente, è stato un approccio simile al suo ma non cercato da me... è solo successo! Credo di ricordarlo nel modo che ho di usare la voce e nel modo di scandire le parole o, forse, più in generale, nell'approccio musicale simile a quello di un Battiato che prende la musica italiana e la trasforma con suoni, modi di cantare differenti da quelli classici, pur rimanendo attaccato alla tradizione (pensa a quanto sono pop i suoi ritornelli). Non so se ho ragione, ma il tuo accostamento mi lusinga molto.

L'album è uscito da pochi giorni; hai già avuto un riscontro da pubblico o critica? Hai intenzione di organizzare delle date per promuoverlo?
Abbiamo tante belle date da qui fino alla fine dell'estate, e sono convinto siano  il preludio a tante altre invernali. Stiamo lavorando con la parte di booking di Fresh Yo! Label (la mia etichetta), e per ora stiamo chiudendo parecchie date in giro per l'Italia (si possono vedere su www.nularse.com).
Il pubblico sta rispondendo molto bene, tanti ascolti, tanti feedback positivi di gente che si sta appassionando al progetto, persone che cantano le canzoni ai miei concerti, che si divertono. Per ora non c'è nulla di più bello.

Cosa rappresenta per te la Musica in 3 parole e perché proprio quelle?
Ricerca, innovazione, cultura. Ricerca perché è quello lo spirito, a detta mia, che deve contraddistinguere un musicista: cercare di fare sempre un passo oltre a se stesso. Innovazione, perché la musica deve avere anche la funzione di trainare i costumi, non solo adattarsi ad essi. Cultura perché deve generare un pensiero nuovo, deve scavare, far riflettere, senza pesare, perché non è un saggio, e qui viene il difficile. Io non credo che l'Italia sarebbe uguale se non fossero esistiti Battisti o Dalla, tra i tanti. Tutto questo rende la musica bella, al di là dei gusti.

Ultima domanda: quali sono i 3 album che più hanno influenzato la tua vita e il tuo percorso artistico e perché?
The Darkside of the Moon - Pink Floyd, perché è un disco imprescindibile.
Grace - Jeff Buckley perché piango sempre quando lo sento, è ricerca allo stato puro che arriva al cuore perché è autentica.
Il mio canto libero - Lucio Battisti, perché è un'Italia bellissima e avanti anni luce, digeribile da tutti perché pop.

Intervista a cura di Luigi Rizzo.

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